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Storytelling: la scienza ci aiuta a capire perché è efficace

Perché lo storytelling è così potente? E come possiamo usarlo a nostro vantaggio? 

Quello dello storytelling è uno dei termini più utilizzati (e abusati) della comunicazione moderna. Un concetto antico che aveva bisogno di un termine inglese per attirare nuovamente l’attenzione. Ma che, a dispetto di quello che dicono gli “esperti”, un corrispettivo italiano ce l’ha e lo utilizziamo dalla notte dei tempi: “narrazione“.

Ammetto di essere da sempre attirato dallo storytelling, sia come “fruitore” di storie, che come professionista della comunicazione e tempo fa avevo già affrontato l’argomento prendendo spunto da un podcast che raccontava il nesso tra storytelling, empatia e interpretazione del mondo.

Anche l’algoritmo di YouTube, a quanto pare, ha capito questo mio interesse per le storie e mi ha proposto diverse volte la TEDxStockholm The Magical Sicence of Storytelling”, in cui l’esperto di presentazioni David JP Phillips ha condiviso le principali scoperte neurologiche sullo storytelling.

Inutile dire che, alla fine, la curiosità ha preso il sopravvento 😉

Phillips è un autore, coach e oratore svedese di fama internazionale che aiuta le persone a comunicare meglio. I suoi consigli si basano sulla neuroscienza e la biologia.

Nella sua TED Talk, infatti, David spiega che il motivo per cui le storie hanno così presa su di noi è legato alla capacità dello storytelling di portare, in base al tipo di eventi raccontati, alla produzione di tre diversi ormoni che hanno un impatto positivo sul nostro stato d’animo: dopamina, ossitocina ed endorfine.

Ci innamoriamo delle storie che ci piacciono e che, come nel caso dell’innamoramento, ci portano alla produzione di ormoni che ci fanno sentire bene.

Ma che effetto hanno questi ormoni su di noi?

Dopamina

La dopamina è conosciuta come l’ormone dell’euforia, in quanto legata alla sfera del piacere e al meccanismo della ricompensa.

Gli effetti positivi della dopamina sono quelli di aumentare concentrazione, motivazione e memoria.

La produzione di questo ormone è legata alla capacità dello storytelling di creare suspense e cliff-hanger (finali sospesi).

La narrazione crea dopamina, perché genera in noi un senso di attesa.

Ossitocina

L’ossitocina è un ormone che favorisce l’affettività e l’empatia, portando a un aumento dei livelli di generosità e fiducia; aiuta a sentirsi più rilassati e favorisce la creazione di un legame.

Lo storytelling porta a sviluppare empatia verso un personaggio, con conseguente produzione di ossitocina.

Endorfine

Le endorfine si producono facendo ridere, una condizione che determina sensazioni di euforia e benessere.

Ridere rende le persone più creative, rilassate e concentrate.

Le storie più efficaci sono quelle che riescono a combinare la produzione di questi tre ormoni, un mix molto utile su cui ha fatto leva lo stesso Phillips durante la sua TED Talk.

L’opposto di questa pozione miracolosa è un cocktail velenoso composto da dosi elevate di cortisolo e adrenalina, che rendono intolleranti, irritabili e poco creativi e critici.

Come se non bastasse, tutto questo può portare a problemi di memoria e a prendere pessime decisioni.

Sensazioni che abbiamo fin troppo in abbondanza nella nostra vita e di cui possiamo fare volentieri a meno, vero?

Conclusioni

L’efficacia dello storytelling e il potere che esercita su di noi dalla notte dei tempi trovano spiegazione anche nella scienza.

David JP Phillips consiglia di analizzare ed etichettare le nostre storie, individuando – ad esempio – quelle che fanno ridere (creando endorfine) e quelle che creano empatia (stimolando la produzione di ossitocina), per poi utilizzarle in base all’effetto che si intende ottenere su chi ascolta.

Come produttori di storie, a livello professionale o personale, il nostro obiettivo principale è proprio quello di avere un impatto sulle persone a cui ci rivolgiamo.

Come fruitori di storie, non possiamo che augurarci di essere esposti a uno storytelling che catturi la nostra attenzione e ci faccia sentire meglio, contribuendo a farci sentire più umani e, quindi, vivi.

Foto di copertina di Suzy Hazelwood da Pexels


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